18 ottobre 2019

Fotografare l'anima

Come molti, mi sono avvicinato al mondo della fotografia da bambino, quando i nonni materni, in occasione della prima comunione, mi regalarono la mia prima macchina fotografica, la mitica Kodak Instamatic, che subito divenne mia compagna inseparabile in ogni occasione possibile.

Negli anni poi sono arrivate alcune macchine più aggiornate per poi arrivare alla mia prima reflex, ovviamente a pellicola, una Pentax ME Super, che ho "letteralmente consumato" con soddisfazione (personale, posto che ho sempre fotografato per me stesso e solo a volte su richiesta di qualche amico).

Negli anni successivi, a partire dalla fine del  1986 la fotografia è diventata parte integrante della mia attività professionale, però perdendo totalmente l'aspetto emozionale, snaturata dall'indirizzo prettamente tecnico del mio lavoro. 

Col passare del tempo ho infatti progressivamente "perso per strada" quello che prima era l'approccio emotivo con gli scatti che facevo per puro piacere.

Solo anni dopo, con la nascita delle mie figlie, e con la rielaborazione della mia attività professionale, mi sono riavvicinato alla fotografia personale ricominciando praticamente da zero, con la mia prima reflex digitale, una Nikon D90 spaziando dalle foto familiari alle foto naturalistiche/paesaggistiche, foto tematiche e relative a qualche evento personale progredendo gradualmente, con esperienza ed attrezzatura.

Purtroppo, a causa della "forma mentale" acquisita nei quasi 2 decenni di "foto tecniche", ho sempre provato la sensazione che ai miei scatti mancasse qualcosa, nonostante il "costante esercizio" e la frequente partecipazione a corsi e workshop interessanti e costruttivi.

Nel tempo ho identificato il problema nella carenza di apporto emozionale personale in gran parte dei miei scatti, ovvero non ci mettevo nulla o quasi nulla di me (e non parlo di selfie...) e del mio sentire lo scatto che stavo "affrontando".

Preso da mille impegni e dalla vita di tutti i giorni ho inconsciamente accantonato "la problematica" fino a quando, un paio di mesi fa, quando l'amico e fotografo triestino John Gubertini, mi ha mandato la locandina relativa ad uno workshop, dal titolo ampiamente eloquente "FOTOGRAFARE L'ANIMA", da lui organizzato con la collaborazione dello psicologo Luca Giustolisi.

L'evento, la cui prima edizione si è, conclusa, ahimè ieri sera, si sviluppava in 4 serate a cadenza settimanale, e si proponeva di avvicinare o riavvicinare il fotografo alla percezione, visualizzazione delle proprie emozioni, portandolo, in modo naturale, alla realizzazione di scatti che potessero avere un'impronta personale, rappresentando mediante l'immagine una parte di sé e/o della propria "storia".

Il percorso effettuato, suddiviso nei 4 appuntamenti settimanali, è stato piacevole e costruttivo, grazie anche al clima amichevole e serenamente collaborativo  che da subito si è instaurato tra i "tutor" ed i partecipanti, nonostante le oggettive differenze in termini di età, esperienze personali, vissuto, e quant'altro.

E' stata un'esperienza inaspettatamente coinvolgente, intensa ed emozionante di confronto e crescita, che ha superato ogni mia aspettativa, grazie all'apporto soggettivo di tutti, al punto tale che  se fosse stato possibile tutti avremmo voluto proseguire con ulteriori incontri.

Non posso che ringraziare gli organizzatori John e Luca, senza dimenticare di ringraziare "i miei compagni di viaggio" (in ordine di apparizione) Remigio, Ketty, Cristina, Silvia, Valentina e  Roberto

Ciao a tutti.

Ritorno Alla Luce



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